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Avere un figlio adolescente

Avere un figlio adolescente

15/4/24, 10:00

La delicata fase di sviluppo adolescenziale coinvolge le persone in età, compresa tra gli undici e i diciotto anni, ma alcune caratteristiche di questa difficile tappa della crescita e dello sviluppo umano vengono prolungate, anche molti anni dopo l’età adolescenziale.

La delicata fase di sviluppo adolescenziale coinvolge le persone in età, compresa tra gli undici e i diciotto anni, ma alcune caratteristiche di questa difficile tappa della crescita e dello sviluppo umano vengono prolungate, anche molti anni dopo l’età adolescenziale.
L’adolescenza è il primo doloroso e significativo periodo di crisi esistenziale e sociale che si trova a vivere l’individuo in crescita. La crisi adolescenziale interessa, all’unisono, tre fondamentali dimensioni della determinazione, sviluppo e realizzazione dell’essere umano: la dimensione biologica, la dimensione psicologica e la dimensione sociologica.
La dimensione biologica è caratterizzata dalla “crisi puberale”, è nella fase adolescenziale, infatti, che si comincia a delineare e a realizzare, nell’adolescente, l’identità di genere, cioè l’identificazione con il proprio sesso e a riconoscere la propria specificità corporea, inoltre, in questa fase, l’adolescente tende a identificarsi con i propri “input” ormonali.
La dimensione psicologica invece, è caratterizzata dalla crisi della propria identità personale: “identità dell’Io”. La dimensione psicologica, permette all’adolescente di sentire prepotente e irrinunciabile la difesa del “proprio Io”. E’ nell’adolescenza, infatti, che si sviluppano e si consolidano la fiducia in se stesso e l’autostima, cominciando ad avvertire la capacità e l’esigenza di progettarsi nel tempo; infine, la dimensione psicologica genera e sviluppa, nell’adolescente, la “reciprocità”, cioè il volersi mettere dalla parte dell’altro e volerlo imitare e, questi, non è certamente, né uno dei due genitori, né il docente, né l’adulto, ma l’altro adolescente emancipato, sfacciato, ribelle, sicuro e migliore di se stesso.
La dimensione sociologica mette in evidenza la crisi dei rapporti sociali. L’interazione adolescente/adulto diventa, soprattutto per l’adolescente “difendersi dall’adulto”, percepito, come “invasivo”, irrispettoso e coercitivo. Per questo motivo l’adolescente tende a vivere l’interazione sociale con un rapporto “antagonista/imitativo”. Antagonista con i modelli genitoriali, familiari, educativi e scolastici; imitativo, con i modelli sociali degli adulti quali il “potere” e la realizzazione economica. La dimensione sociologica, inoltre, è caratterizzata dalla interazione “adolescente/adolescente”, cioè dall’interazione con il gruppo dei pari e con il “branco” di appartenenza. L’adolescente, nell’interazione sociale è, soprattutto, impegnato e interessato a esercitare il controllo sugli altri per la verifica e la conferma delle proprie “prestazioni” sul piano fisico e corporeo.
Questo spiega il perché, sempre più spesso, si parla di questa età:
11- 20 di “crisi adolescenziale”; “malessere” e “disagio giovanile”, ma quanti adulti, genitori, docenti o educatori sono onestamente preparati e aggiornati, sulle problematiche biologiche, psicologiche e sociologiche dell’adolescenza?
Quanti di loro sono lealmente aperti e sinceramente attenti e disponibili a facilitare la “crisi d’identità sessuale, personale e sociale” dell’adolescente (inconsapevole, perché non più bambino, ma neanche, ancora, adulto) impegnato a “ridefinire i modelli e i valori di riferimento che egli non ritiene più validi, né significativi, né propri?
Ecco, perché, la delicata fase di sviluppo adolescenziale trova, nel comportamento genitoriale, una delle più forti cause di sofferenza e disorientamento dei giovani. Il non offrire loro una stabilità e continuità affettiva attenta, rispettosa e non oppressiva, può essere la principale premessa ai gravi disturbi fisici, psicologici, mentali e comportamentali.
Quanti adulti, genitori, docenti o educatori sono onestamente e seriamente capaci di cogliere i segnali comportamentali di allarme che precedono gli atti autolesivi negli adolescenti: tristezza, pianto immotivato, depressione e euforia dell’umore, astenia, abulia, affievolimento delle energie, aumento o diminuzione improvvisa dell’appetito e del sonno, aumento della svogliatezza, della noia e del calo dell’attenzione, diminuzione della capacità di concentrarsi, di scegliere, di prendere decisioni, disforia, aggressività, cambiamenti repentini di umore, tendenza ad arrabbiarsi e a litigare, lunghi periodi
di silenzio, abbandono delle attività sociali, tendenza alla solitudine, perdita degli interessi sociali e sportivi, peggioramento del rendimento scolastico, disattenzioni in classe e facile abbandono, senza ragione, di cose che precedentemente appassionavano il ragazzo?
Negli adolescenti sono spesso frequenti i comportamenti a rischio, ad esempio correre in moto senza casco, in macchina, riduzione dell’autostima, perdita delle speranze per il futuro, assenza di progettualità, uso di alcool, psicofarmaci, droghe. Quanti adulti sanno onestamente riconoscere l’adolescenza, come il momento cruciale in cui si forma il carattere del bambino, che proprio in questa fase di sviluppo e crescita ha bisogno di vedere rispettati e non repressi i propri bisogni? Quanti sanno rispettare l’invincibile desiderio che l’adolescente ha di vedersi trattare da grande e non sentirsi più controllato come un bambino e “sorvegliato” dall’adulto con la distanza fiduciosa e attenta di chi crede in lui e nelle sue potenzialità?
Quanti genitori hanno il coraggio di lasciare che i propri figli facciano le proprie esperienze e commettano gli sbagli propri della loro età, che facciano, a volte, il passo più lungo della gamba sapendo che, nel pericolo, sentiranno presenti e vicini i propri cari?
Che fare?
Di strategico, risolutivo e miracolistico, proprio niente. Basterebbe che ogni adulto, genitore, docente, o educatore si rifacesse all’esperienza della propria adolescenza, ma non l’esperienza dei fatti, perché tutti a questo punto direbbero la solita, scontata frase: “..proprio perché ho fatto l’esperienza, desidero evitarla a mio figlio, per non fargli commettere i miei stessi errori...”; sto parlando del ricordo della dolorosa esperienza adolescenziale, del non sentirsi capiti, amati, rispettati e riconosciuti nei propri desideri, sogni e speranze. Mi sto riferendo a quell’indicibile e incomunicabile dolore di non sentire che, proprio chi ci dice di amarci, non sa cogliere lo strazio, il disorientamento esistenziale e valoriale in cui ci troviamo, con in più la paralizzante paura di perdere l’affetto, l’amore e la stima proprio dei nostri genitori, per eventuali errori che potremmo commettere.
Questo manca, oggi, agli adolescenti, per vivere al meglio, serenamente ed efficacemente questa importantissima tappa evolutiva: mancano adulti, genitori, docenti e educatori, capaci di rifarsi unicamente e solamente all’esperienza del “sentire” e non ai fatti della propria adolescenza. Gli adolescenti, per superare al meglio questa fase della loro vita, necessitano di adulti convinti che il solo linguaggio possibile, proprio di questa delicatissima tappa esistenziale, sia quello del cuore, dell’ascolto e della comprensione vicendevole e che questo sia l’unico mezzo valido, concreto ed efficace per facilitare e motivare i figli a dare il meglio di se stessi per la loro vita, per gli altri e per una società del benessere.

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